Un viaggio assieme a Pooh – Recensione Ritorno al Bosco dei 100 Acri

È dura, ma arriva per tutti il momento in cui i giocattoli e gli amici immaginari lasciano il posto alle necessità e alle difficoltà della vita. E’ quanto succede al giovane Christopher Robin, vero e proprio protagonista delle vicende e non più figura marginale della storia con Winnie Pooh, come spesso accadeva nella serie animata. La storia nata ed ispirata dal romanzo Winnie Puh di A. A. Milne, viene narrata nel film come se fosse un libro: capitolo per capitolo e il protagonista quasi assoluto della scena è Christoper.

Capitolo 1

Tutto comincia con il processo di crescita tanto duro quanto inaspettato per un bambino abituato a vivere la giornata in totale pigrizia assieme ai suoi amici immaginari. La vita da adulto di Christopher è come un vasetto di miele vuoto, che necessita di essere riempito.  E chi può riportarlo ai vecchi splendori se non il suo amico di infanzia Pooh?
La famiglia e i suoi amici, non più così immaginari, cercheranno in ogni modo di spezzare la sua quotidianità totalmente dedicata al lavoro. Il dolce far niente tanto amato dall’orsetto giallo in maglietta rossa sarà la medicina giusta per guarire dalle troppe responsabilità. Ed è proprio dopo un periodo di crescita difficoltoso ed un ritorno difficoltoso alla normalità a seguito della Seconda Guerra Mondiale, che si sviluppa la storia. Quello che vive è un vero e proprio viaggio per il recupero di sé stessi.

Capitolo 2

Il finale è più che annunciato sin dalle prime fasi del lungometraggio, ma per quanto questo possa esser tale, il tutto viene largamente giustificato nel corso del film. Il ruolo di Ewan McGregor (Christopher) è quello di invertire la rotta su un personaggio storico presentato sempre come quello che ama, al pari della sua combriccola, non fare nulla, e vivere di sole espedizioni per la sopravvivenza contro noddole ed efelanti. La famiglia di Christopher, completata da Hayley Atwell e Bronte Carmichael (rispettivamente la moglie Evelyn e la figlia Madeline) da elemento secondario e sola preoccupazione del protagonista, diventano la chiave affinché possa risvegliarsi il bambino sopito che è sempre rimasto dentro di lui. Ci si trova, così, di fronte ad un film che è un sequel più che un remake, volto espressamente a lasciare un messaggio di fondo agli adulti, tanto quanto a far divertire i più piccoli in sala; le perle di saggezza di Pooh, Pimpi, Uffa, Ih-Oh, Tappo, Kanga, Roo e Tigro, sanno divertire e al tempo stesso far riflettere.

Il ruolo delle donne che circondano Christopher sembra essere marginale, fino a quando il protagonista non realizza che l’ambiente in cui vivono non è più piacevole ed idilliaco, tanto da indurle alla fuga. Evelyn e Madeline viaggiano, infatti, verso il Sussex, laddove il giovane Christopher aveva vissuto le sue avventure con Pooh e gli altri. Si sviluppa, a questo punto, una triplice storia con protagonisti i tre elementi della famiglia Robin: il padre alla ricerca di sé, la madre alla ricerca della figlia e Madeline alla ricerca della gioia di essere bambina. È proprio quest’ultima la chiave di volta, il legante e la soluzione di ogni problema.

Peluche in CGI

Il design degli animali di pezza è stato rinnovato, risultando apparentemente lontano dagli originali ma capace di conquistare, grazie alla fluidità dei movimenti e alla forte caratterizzazione che il regista ha saputo dargli. Marc Forster stesso, tuttavia, ha affermato quanto non sia stato facile gestire la CGI, dovendo girare più volte le scene da varie angolazioni e usando diverse luci. A risultato finito, comunque, i personaggi sono riusciti a prendere vita nelle tre dimensioni, mostrando tutte le proprie peculiarità.

Malinconia e dolce far nulla

Il tono scanzonato della seria animata è ben lontano; il mondo a pastelli è stato sostituito da un Bosco dei 100 Acri quasi triste e tenebroso. Quello che ci viene mostrato è un film in salsa agrodolce, poiché le tante note ilari dell’orsetto Pooh sembrano stonare con l’impegno affannoso che affligge ciascuno di noi. Il messaggio di fondo è ben chiaro e spesso ripetuto dai protagonisti nelle scene, in modo più o meno celato. I doveri lavorativi o scolastici necessitano di meritati momenti di svago; il bambino che è in noi spesso può salvarci e lo dimostra la felicità che Christopher recupera grazie ai suoi amici d’infanzia.

Il palloncino rosso dell’orsetto diventa il simbolo della rivalsa e della consapevolezza dei propri errori, oltre che della capacità di saper essere felici anche quando il mondo sembra girare nel verso opposto. Lo evidenzia proprio Winnie, il quale, nonostante la sua solitudine, non si arrende e cerca di trovare riparo a questa, rivolgendosi al suo amico umano.

Busy doing Nothing

Come ogni film Disney che si rispetti il reparto sonoro riveste un ruolo fondamentale. La colonna sonora del film è firmata Jon Brion (Magnolia, Se mi lasci ti cancello) e Geoff Zanelli (L’ultimo dei samuraiPirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare), ma la vera sorpresa è la presenza di Richard M. Sherman. Forster, infatti, l’aveva ingaggiato per una sola canzone, ma il compositore ha deciso di crearne ben tre, prestando la sua voce a due di esse. Sherman è un vero e proprio veterano nel mondo Disney, avendo composto, assieme al fratello, le indimenticabili colonne sonore di Il Libro della Giungla, Mary Poppins, Tom Sawyer e Gli aristogatti, oltre ad aver creato il famoso tema di Winnie the Pooh (ripreso nel nuovo live action).

In conclusione, vi suggeriamo di seguire il suggerimento che il film cerca di trasmettere per tutta la sua durata: prendersi una bella pausa dagli affanni e godersi una delle migliori trasposizioni in live-action che la Disney ha realizzato nell’ultimo periodo. Occhi da bambino e spensieratezza vi aiuteranno di certo ad apprezzarlo meglio.

 

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