Una (prima) recensione di Steins;Gate Zero

ATTENZIONE! QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER DEI PRIMI TRE EPISODI DELL’ANIME “STEINS;GATE ZERO”!

Dopo il notevole successo riscosso dalla prima serie animata, mandata in onda nel lontano 2011 da White Fox, il primo Aprile è iniziata la trasmissione della seconda stagione dell’anime, intitolata emblematicamente Steins;Gate Zero. Tratta dall’omonimo videogioco uscito nel 2015 e annunciata nello stesso anno, la nuova serie, trasmessa in simulcast su VVVVID. dovrebbe essere composta di 23 episodi.

 La trama

Le vicende si svolgono nella linea di universo beta, in cui Rintaro Okabe, protagonista della prima serie, non è riuscito a impedire la morte di Kurisu Makise, giovane e brillante neuroscienziata. I ricordi della ragazza, grazie a un progetto a cui ella stessa aveva lavorato in vita, sono stati tuttavia salvati e trasferiti in una Intelligenza Artificiale denominata Amadeus. Durante una conferenza, Okabe entra in contatto con il professor Alexis Leskinen e la sua assistente Maho Hiyajo, colleghi di Kurisu e sviluppatori del progetto Amadeus. Su loro proposta, l’ormai ex-scienziato pazzo Kyouma Hououin accetta di testare le potenzialità della nuova intelligenza artificiale, pur consapevole dei rischi che la sua decisione comporta.

I personaggi

In questa seconda stagione i membri del laboratorio di gadget futuristici tornano, affiancati da nuovi personaggi mai visti prima, come i due scienziati colleghi di Kurisu, o presentati solo brevemente, come Yuki Amane, futura moglie di Daru e madre di Suzuha. Fin dal primo episodio, però, il clima è tutt’altro che familiare.

Okabe, piegato dalla sua esperienza di viaggiatore temporale, si è ormai arreso all’idea di vivere in un mondo dove la sua amata Kurisu non esiste più. Ha quindi abbandonato definitivamente il suo alter ego Kyouma Hououin e si è trasformato in un normale studente universitario. “E poi, smettila di chiamarmi Kyouma“. Questa singola frase, rivolta da Okabe a Faris, è sufficiente a comprendere la profonda trasformazione subita dal protagonista e a far sobbalzare tutti i fan della prima stagione. Lo scienziato con il Reading Steiner non è più lo stesso. È un uomo distrutto che ha completamente rinunciato alla sua vita precedente, nel vano tentativo di sfuggire al trauma subito.

La nuova condizione di Okabe è stata magistralmente gestita dagli sceneggiatori che, d’altra parte, avevano già abituato gli spettatori a personaggi complessi e mai banali, con un’ottima caratterizzazione psicologica. Una simile scelta, tuttavia, implica anche una partenza piuttosto lenta della storia, caratteristica della prima stagione che però non pare ripresentarsi con la stessa intensità in questo sequel.

L’atmosfera

Il legame con la precedente serie è profondamente marcato, oltre che dalla presenza di tutti i personaggi principali, anche dall’atmosfera generale. I protagonisti, Okabe in primis, sembrano muoversi in un tempo sospeso, in cui nulla sembra accadere, fino al momento della conferenza e della presentazione di Amadeus.

Tornano anche i luoghi della prima stagione, il movimentato quartiere di Akihabara e il maid cafè di Faris e Mayushi e, soprattutto, il laboratorio sopra il negozio del signor Braun. Eppure, tutto è immerso in un’atmosfera di vuoto e tristezza. Gli unici membri che continuano a frequentarlo sono Daru e Mayuri che prova una profonda tristezza ogni volta che vi si reca. La morte di Kurisu ha lasciato un vuoto che tutti i personaggi avvertono, in maniera più o meno conscia.

Non mancano tuttavia scene più allegre e movimentate, rette soprattutto dai due nuovi arrivati. Il carattere scontroso e introverso di Maho si trova in perfetto equilibrio con quello molto più aperto e (a volte fin troppo) socievole del suo collega Leskinen. Immancabili poi la teatralità dell’effervescente Faris e le gag con Rukako che, a dispetto del suo aspetto, “è [ancora] un ragazzo!“.

Il tutto è perfettamente enfatizzato dalla colonna sonora, che riprende da vicino quella della prima serie, a ricordare che ci troviamo, anche se su una linea temporale diversa, sempre nello stesso mondo. Infine, una breve nota sulle sigle di apertura e chiusura. L’opening, “Fatima”, di Kanako Itō, è stata ispirata, a detta della stessa cantante, dall’originale “Hacking to the Gate” e presenta un ritmo piuttosto veloce e vivace. Al contrario, “The last Game”, l’ending realizzata dal duo Zwei, chiude ogni episodio con un tocco di malinconia, esplicitato fin dal titolo.

Conclusioni

Per quanto l’idea di una seconda stagione di un anime in sè perfettamente autoconclusivo come Steins;Gate potesse destare qualche giustificata ansietà nei fan, possiamo affermare che, almeno finora, la serie si dimostra assolutamente all’altezza delle altissime aspettative e ha, senza dubbio, un ottimo potenziale. Per quanto promettenti possano esserne gli inizi, tuttavia, un’opera non può essere giudicata adeguatamente prima di essere conclusa. Per il momento dunque, Steins;Gate Zero è fortemente consigliata a tutti coloro che, come chi scrive, hanno apprezzato la prima serie. Per il futuro… el psy congroo!

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