Recensione – Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (2004)

Harry Potter e il prigioniero di Azkaban è un film del 2004 diretto da Alfonso Cuaròn e tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice britannica J.K. Rowling.

L’intreccio

Hogwarts è stata messa sotto sorveglianza dai Dissennatori dopo l’evasione di un pericoloso seguace di Voldemort da Azkaban.
Hagrid viene nominato insegnante di Cura delle Creature Magiche. Durante una delle sue lezioni, un ippogrifo ferisce Draco Malfoy e suo padre ne ordina l’uccisione.
I gemelli Weasley donano ad Harry la Mappa del Malandrino, grazie alla quale il protagonista può partecipare alla gita ad Hogsmeade per la quale non ha avuto l’autorizzazione da suo zio. Inoltre, attraverso la Mappa del Malandrino, Harry scopre che Peter Minus, ritenuto morto per mano di Sirius Black, si aggira nel castello di Hogwarts.
Nel giorno dell’esecuzione dell’ippogrifo che aveva ferito Malfoy, Harry e i suoi amici si recano da Hagrid; quest’ultimo restituisce Crosta, il topo che Ron aveva perso, al giovane Weasley. All’arrivo del boia, Harry, Hermione e Ron scappano.
Più tardi, Crosta morde la mano di Ron e fugge. Mentre Ron cerca di recuperare il suo animaletto, il Gramo lo rapisce per trascinarlo in un passaggio sotto il Platano Picchiatore. Harry e Hermione lo seguono e scoprono che il passaggio conduce ad Hogsmeade e che il Gramo in realtà è Sirius Black, immediatamente raggiunto dal suo alleato Lupin, docente di Difesa contro le Arti Oscure. All’improvviso irrompe Piton, che viene bloccato da Harry, mentre sta per riconsegnare Sirius Black ai Dissennatori.
Secondo la versione di Lupin, Black non ha mai tradito i genitori di Harry ed è stato arrestato per i crimini commessi da Peter Minus, che per farsi credere morto si era tagliato un dito e si era trasformato nel topo Crosta.
Durante la notte, Lupin si trasforma in lupo mannaro e aggredisce Sirius, non riuscendo a riconoscerlo. Il gruppo viene raggiunto dai Dissennatori, ma uno sconosciuto evoca un Patronus e riesce ad allontanarli. Intanto, Minus approfitta della confusione per scappare e Sirius viene imprigionato in attesa del bacio dei Dissennatori.
Più tardi, i tre amici informano Albus Silente. Il saggio preside suggerisce velatamente a Hermione di utilizzare la sua Giratempo per salvare Fierobecco e Sirius.
Rivivendo gli ultimi momenti, Harry capisce che era stato lui a invocare il Patronus, non il suo defunto padre.
Hermione ed Harry riescono a salvare Fierobecco e Sirius Black e quindi possono festeggiare lieti la fine dell’anno scolastico.

Un salto di qualità

“Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” supera di gran lunga la staticità dei primi due capitoli della saga. Essere fedeli al libro non è sbagliato, tuttavia, mentre per la prima trasposizione si sarebbe potuta giustificare la scelta di Columbus di riprendere minuziosamente le descrizioni di J. K. Rowling, nella seconda si sarebbero potute rivedere alcune cose.
Alfonso Cuaròn ha dato alla pellicola quella suspense che mancava nei primi due film e, a differenza di Columbus, è riuscito a bilanciare abilmente l’importanza della scenografia e dell’intreccio: le ambientazioni, soprattutto quelle esterne al castello di Hogwarts, affascinano lo spettatore e lo lasciano a bocca aperta; al contempo gli avvenimenti non sono mai fini a se stessi, ma servono in qualche modo a districare lo svolgimento in vista del finale. Di certo non mancano scene divertenti, ma il regista preferisce saggiamente concentrarsi sull’intreccio e il risultato è quello di una pellicola sintetica, snella, priva di futili dettagli. Difficile trovarla noiosa.
Se si guarda complessivamente a “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, non manca la fedeltà al romanzo, ma non si tratta di una fedeltà letterale, quella che avrebbero voluto gli ammiratori più accaniti della saga, bensì di una fedeltà di spirito e di una linearità nello svolgimento in cui non sono assenti elementi personali che arricchiscono questa trasposizione e la rendono giustamente distinta dal libro; non a caso il regista è stato chiaro sin dall’inizio riguardo alle sue intenzioni.

Non solo una saga per bambini

Ogni romanzo della saga di Harry Potter coincide con la fascia di età del protagonista ed è rivolto ai lettori con la stessa fascia di età e lo stesso, in generale, vale anche per le trasposizioni cinematografiche. Nonostante alcuni elementi infantili siano ancora presenti, l’atmosfera in “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” si distacca dalla spensieratezza spesso fuori luogo dei film di Chris Columbus per abbracciare tinte molto più tetre che ci lasciano intuire che non ci troviamo più di fronte a una saga per bambini. In questa pellicola viene inserito l’elemento horror, che nei paesi anglosassoni è valso l’esagerato divieto di visione da parte dei minori di tredici anni.
A differenza dei primi due episodi, “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” è apprezzato anche dagli adulti, che si lasciano catturare dallo schermo nelle scene di maggiore tensione, come le intromissioni dei Dissennatori.
L’abilità di Cuaròn sta anche nell’essere riuscito a rendere il film degno di visione dall’inizio fino alla fine, i colpi di scena questa volta sono veramente inaspettati e la ricerca della verità diventa avvincente ed emozionante.
In generale, gli effetti speciali sono molto buoni, per esempio i Dissennatori sono davvero terrificanti. La scena dell’incidente con zia Marge non è eccellente dal punto di vista grafico, ma è sicuramente uno dei momenti di maggiore soddisfazione per lo spettatore.
Anche la fotografia, curata da Michael Seresin, è esemplare e lo è altrettanto il montaggio di Steven Weisberg.
Eccellente la scelta della musica, inserita sempre al momento giusto.

Crescono gli attori, cresce il talento

Daniel Radcliffe riesce a essere meno meccanico, più disinvolto e smette di interpretare Harry Potter per diventare Harry Potter, merito anche di Alfonso Cuaròn, che rende il film più dinamico e ci risparmia gli imbarazzanti primi piani ai quali eravamo abituati. Degna di nota la scena in cui il protagonista torna indietro nel tempo e invoca il Patronus, forse la migliore a mettere in mostra il rinnovato talento recitativo di Radcliffe, oltre a segnare la linea di confine tra i primi due film e il terzo in termini di formazione del personaggio.
Emma Watson migliora di anno in anno e si contraddistingue per le sue innate capacità, che superano di gran lunga quelle dei suoi giovani colleghi. Rupert Grint, invece, si dimostra ancora una volta all’altezza del suo personaggio.
Tra gli attori più “maturi”, ottima l’interpretazione di David Thewlis nei panni di Lupin. Va aperta una piccola parentesi riguardo al suo personaggio: l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure in “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” è talentuoso, affezionato al proprio ruolo, intelligente e di animo buono, niente a che vedere con Allock.
Gary Oldman non delude, anzi dimostra un’ineguagliabile naturalezza, quasi fosse nato per ricoprire il ruolo di Sirius Black.
Michael Gambon, nei panni di Albus Silente, rappresenta un ottimo sostituto del defunto Richard Harris, forse persino più adatto del suo predecessore.
Insufficiente lo spazio ritagliato per Emma Thompson e poco convincenti le scene in cui compare. Tuttavia, non è possibile giudicare un’attrice del suo calibro facendo riferimento solo a poche e brevi sequenze.

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