Recensione – Harry Potter e la pietra filosofale (2001)

Harry Potter, un nome che non necessita di presentazioni. È quasi impensabile che un qualsiasi abitante di questo mondo non ne abbia mai sentito parlare, in quanto sin dalle prime pubblicazioni l’ormai famosa scrittrice inglese J.K. Rowling ha riscontrato un enorme successo, entrando nei cuori di lettori di ogni età e spingendo diversi registi e produttori a realizzare film dalla sua saga, film grazie ai quali è riuscita a incrementare le vendite e soprattutto a far rientrare di diritto il suo magico mondo tra le colonne portanti della cultura fantasy.

La trama

“Harry Potter e la pietra filosofale” è il primo romanzo della saga di J. K. Rowling, da cui è stato tratto l’omonimo film, diretto dal regista Chris Columbus.
Un bambino di nome Harry Potter viene lasciato davanti alla casa dei suoi zii a Londra. Egli cresce ignaro delle proprie origini e peraltro viene trattato come un servo. Harry riceve numerose lettere che vengono puntualmente distrutte da suo zio, ma la ricezione diventa talmente insistente da convincere la famiglia a trasferirsi in una catapecchia, intercettata e raggiunta dal custode Hagrid nel giorno del compleanno di Harry. Hagrid rivela ad Harry le sue origini di mago destinato a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
La prima parte del film è interamente incentrata sullo stupore che il protagonista prova quando scopre di essere un mago e sul rapporto che egli instaura con i suoi compagni di avventura: Hagrid, al quale si affiancano Hermione Granger e Ronald Weasley, due studenti del primo anno incontrati sul treno espresso per Hogwarts.
La “fama” di cui il protagonista gode fa sì che egli sia nel mirino della quasi totalità degli studenti, tra cui il viziato Draco Malfoy, con il quale Potter si dimostra diffidente sin dall’inizio, ottenendo di conseguenza la sua antipatia.
Dopo l’approdo ad Hogwarts e la conoscenza preliminare di alcuni dei docenti della scuola, viene affidato al Cappello Parlante il compito di smistare gli studenti nelle proprie Case. Il cappello magico, dopo alcune esitazioni, decide che Harry deve essere un Grifondoro; in seguito il Cappello rivela ad Harry di essere stato reticente a causa della sua lotta contro Voldemort: pare che insieme alla cicatrice, il Signore Oscuro gli abbia trasmesso alcuni dei suoi tratti caratteriali.
Intanto, Harry Potter dimostra un talento innato sulla scopa e la professoressa McGranitt lo invita a diventare il nuovo cercatore della squadra di Quidditch. Inoltre, il protagonista scopre, insieme a Hermione e Ron, che qualcuno vorrebbe rubare la pietra filosofale. I sospetti cadono immediatamente su Severus Piton, insegnante di pozioni la cui antipatia per Harry è palese. Secondo il trio, l’intenzione di Piton è quella di donare la pietra a Voldemort per garantirgli la vita eterna. La seconda parte del film è, infatti, incentrata sulla ricerca della pietra e i tentativi di Harry, Hermione e Ron per smascherare Piton.
Dopo aver superato numerosi e pericolosi ostacoli grazie anche all’aiuto dei suoi compagni, Harry riesce a rinvenire la pietra e si trova per la prima volta faccia a faccia con Voldemort, ridotto a un semplice parassita, aiutato dall’insospettabile professor Raptor. Harry riesce a recuperare la pietra e ad avere la meglio sul suo acerrimo nemico e ottiene così la gratitudine dell’intera Scuola.

Harry Potter: solo un ragazzino coraggioso?

La principale pecca della prima parte del film è che Harry non sembra sorpreso di essere conosciuto dalla maggior parte delle persone che incontra come “l’unico a essere sopravvissuto a colui-che-non-può-essere-nominato”, complice probabilmente l’inespressività dell’attore Daniel Radcliffe, ai tempi appena dodicenne. Il protagonista, infatti, pone domande e cerca di capire qualcosa in più riguardo al famigerato “tu-sai-chi” e soprattutto riguardo alla cicatrice che il temibile Signore Oscuro gli ha provocato quando era un bambino, ma senza lasciar trasparire sentimenti di rabbia riguardo la sorte toccata ai suoi genitori o semplicemente di paura, quasi la sua fosse mera e giustificata curiosità preadolescenziale, lontana da implicazioni personali. Harry Potter si può senza dubbio considerare coraggioso, ma rimane pur sempre un ragazzino (non vorrei esagerare definendolo un bambino) di undici anni e pertanto la sua ostinazione nel nominare Voldemort, mago malvagio che nessuno osa nominare (non a caso viene introdotto come “colui-che-non-può-essere-nominato” o “tu-sai-chi”), dimostra spavalderia piuttosto che coraggio ed è impensabile che un ragazzo che peraltro ha rischiato di essere ucciso dallo stesso Voldemort lo nomini con tale facilità in un’età in cui dovrebbe avere ancora paura del buio.

Attori esordienti non privi di talento

Il sufficiente esordio di Daniel Radcliffe è di gran lunga superato in qualità da quello dei suoi giovani colleghi Emma Watson e Rupert Grint (rispettivamente Hermione Granger e Ron Weasley), anch’essi alla prima esperienza recitativa.
Come anticipato, Hermione Granger e Ronald Weasley diventano quasi immediatamente i principali punti di riferimento di Harry, nonostante l’apparente incompatibilità tra i tre: Hermione viene spesso presa in giro per il suo atteggiamento saccente, ma si rivela ben presto una ragazzina molto fragile; al contempo Ron Weasley è un ragazzino perennemente “con la testa tra le nuvole”, tanto da riuscire a strapparci una risata anche nei momenti di maggiore tensione. Le prime incomprensioni sono dovute proprio all’indole opposta dei due, ma una situazione di pericolo riesce a creare tra loro un legame indissolubile. Inoltre, Hermione e Ron non condividono rispettivamente lo spirito di avventura e il coraggio di Harry, ma la loro amicizia aiuterà entrambi a superare i propri limiti tanto da palesare una profonda maturazione già a partire dalla seconda parte del film.
Le interpretazioni dei due giovani attori hanno dato un ulteriore spessore a personaggi già abbondantemente adorati dai più, date le loro sfaccettature caratteriali che non li fanno quasi sembrare personaggi fittizi. Entrambi sono, infatti, riusciti pienamente a “calarsi nella parte” e a materializzare personaggi per nulla idealizzati, quasi fossero nati per questo. D’altro canto Daniel Radcliffe rispecchia al meglio la fisionomia pensata da J.K. Rowling per il suo Harry Potter, ma, come detto in precedenza, la sua interpretazione è alquanto discreta per non dire sufficiente.

Mai fidarsi delle apparenze

Un punto a favore del mondo di Harry Potter sono i colpi di scena: nessuno, tra gli studenti o tra gli spettatori, si sarebbe mai aspettato che Raptor nascondesse Voldemort sotto il turbante, né che un uomo apparentemente impacciato fosse capace di crudeltà. I colpi di scena sono una prerogativa di Hogwarts e ogni ammiratore di Harry Potter convive con la regola “mai fidarsi delle apparenze”, che siano positive o negative.

Alla pietra filosofale pensiamo più tardi

Dopo aver rischiato la vita per scongiurare il disastro che si sarebbe scatenato se la pietra fosse finita nelle grinfie di Voldemort, Harry ha una conversazione con Silente in cui il preside lo mette in guardia riguardo a un possibile ritorno del Signore Oscuro attraverso altri mezzi. A questo proposito c’è da chiedersi per quale motivo Voldemort non abbia nel frattempo fatto ricorso a tali mezzi prima di provare a rubare la pietra filosofale. Inoltre, Silente afferma di aver ordinato che la pietra fosse distrutta per il bene di tutti e tale affermazione lascia persino più perplessi: per quale motivo Silente ha deciso di nascondere la pietra e non invece di distruggerla subito, prima che qualcuno andasse prevedibilmente a cercarla?

Fedeltà al romanzo: un pregio o un difetto?

La durata di Harry Potter e la pietra filosofale è spesso motivo di critica, ma ha contribuito a rendere questa trasposizione cinematografica estremamente fedele al romanzo di J. K. Rowling (che ha partecipato in prima persona alla sceneggiatura). A oggi è alquanto raro vedere gli eventi di un libro materializzarsi in un film, ma Chris Columbus è riuscito magistralmente a rendere reale per la prima volta il sogno di milioni di bambini (e di adulti) da ogni parte del mondo, perché se la magia non si può vivere nel mondo reale, è almeno possibile viverla attraverso uno schermo.
È vero che il linguaggio letterario è diverso da quello cinematografico, ma omettere alcune parti del film avrebbe sminuito alcuni eventi piuttosto che altri. Inoltre, la sempre più avanzata tecnologia ci permette di riprodurre quasi qualsiasi cosa e di conseguenza di unificare due linguaggi fino a qualche tempo fa lontani tra loro per non lamentarci poi del divario troppo evidente tra libri e trasposizioni.

Come studenti al primo anno

Tra i momenti più esaltanti del film è necessario ricordare le partite a Quidditch, che tengono lo spettatore incollato allo schermo con gli occhi puntati sul protagonista mentre volteggia sulla sua scopa per catturare il boccino d’oro. È proprio durante questo gioco che lo spettatore dimentica di trovarsi di fronte a un film di fantasia e prova il desiderio di volare su una scopa. Un film di indubbio valore arricchito dalla preziosa scenografia e dalla maestria degli effetti speciali che rasentano la magia, protagonista indiscussa del film. L’atmosfera surreale del castello di Hogwarts combinata alla cura della fotografia lasciano lo spettatore stupefatto quasi quanto gli studenti al primo anno nell’amata scuola.
Nonostante tutte le critiche che si potrebbero muovere a questo film, rivederlo è sempre un piacere, perché ci riporta alla nostra infanzia, a quando anche noi speravamo di ricevere la nostra lettera per Hogwarts. Sarà per il suo valore affettivo o per il latente desiderio di ognuno di tornare bambino, ma “Harry Potter e la pietra filosofale” ci lascia stupiti sempre come la prima volta.
Questo film si fa amare da tutti, grandi e piccini, e può in qualche modo essere educativo per i più giovani in quanto sottolinea valori cardine come l’amicizia, valore che molto spesso prende il sopravvento sul corso degli eventi e che diventa sempre più evidente nei film successivi. Le avventure dei tre maghi oscillano tra il magico e l’ordinario e danno una dimostrazione concreta di come superare le difficoltà della vita possa essere più leggero quando ci sono le persone giuste a supportarci

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