Netflix sta conquistando il mondo e lo dimostra anche con l’ampliarsi di produzioni europee. Ecco che arrivano le prime serie con contenuti sempre più originali che si vanno ad affiancare alle serie americane e britanniche. È qui che entra in scena Dark, prima serie tedesca di Netflix.
Dark sorprende sin dalle prime immagini per la facilità con la quale riesce a trascinarci nella sua miriade di misteri che, di passo in passo, aumentano a dismisura, rendendo il tutto un enorme paradosso.
Un puzzle chiamato Dark
La regia di Baran bo Odar e Jantje Friese ha rielaborato gli anni ’80 succedendo a quanto già fatto in Stranger Things, ma in maniera completamente nuova, con una luce diversa, andando di fatto a far emergere questioni mai trattate. Gli scenari che ci vengono mostrati, da subito, incutono quell’ansia, quell’incomprensibile suspense, che porta a guardare, senza pausa alcuna, ogni episodio, alla scoperta di tutti gli intrecci e segreti che andranno a costruire il grandissimo puzzle che Dark è.
La Friese ha disegnato i dieci episodi in modo da creare la giusta mescolanza fra incognite e certezze, le quali vanno di fatto a sposarsi con il filo conduttore di tutta la serie. Nulla manca, nulla è lasciato al caso. Ogni frammento ha il suo compagno a cui legarsi.
Una passione chiamata: viaggi nel tempo
Ci hanno sempre appassionato, è inutile negarlo! Ed è probabilmente questo il motivo per il quale siamo rimasti incollati alla serie con il fiato sospeso. E se cambiare il passato modificasse il presente? Il paradosso è dietro l’angolo. Parliamoci chiaro: parlare di viaggi nel tempo è sempre complicatissimo. Ciò è dovuto alla miriade di alternative che potrebbe abbracciare, andando a causare, in molti casi, anche la perdita degli obiettivi, se questi non si hanno bene a mente. Dark questo non lo fa di certo, ha le idee chiare. Si parte nel 2019 e progressivamente si torna indietro di 33 anni alla volta, fino ad arrivare all’ormai lontanissimo 1953, passando e restando per la maggior parte del tempo negli anni ’80 (1986). Il filo conduttore che accomuna questi anni è la sparizione di alcuni ragazzi, nelle immediate vicinanze di una misteriosa caverna. Winden è una cittadina tranquilla, se non fosse per questi eventi che, da anni, ormai la affliggono. I detective Ulrich Nielsen e Charlotte Doppler saranno, così, impegnati a cavare un ragno dal buco in tutta questa arcana vicenda. Ed ecco venir fuori tutta la trama poliziesca con fatti del passato lasciati all’oscuro negli annali e collegamenti abbandonati perché ingiustificati. Le redini cominciano a muoversi, girando attorno a una miriade di personaggi diversi e imprevedibili, con tutte le vicende rimaste irrisolte per troppo tempo. Famiglie su famiglie si alternano e uniscono coralmente le proprie voci nella disperazione di aver visto sparire un membro della propria casa. Salti in avanti e indietro disorientano, ma nulla può contro l’incredibile matassa che si crea dalle storie messe in scena. L’attenzione, soprattutto nei primissimi episodi, deve essere massima. In ogni caso, gli split screen a fine episodio aiutano a ricollegare al meglio ogni evento.
In più, se vi dicessi che, in tutta la vicenda, c’entra anche Cernobyl e la sua catastrofe nel 1986?