Recensione di AKI di Francesco Tatoli – Graphic Novel per Edizioni Inkiostro

Ci sono storie che presuppongono intessere le proprie radici nell’oscurità più profonda, nel silenzio assordante di un dio che non risponde a nessuna preghiera urlata invano e, dove, neppure un qualsivoglia “eroe” cavalca la scena, in questo caso le tavole di una storia a fumetti. Ed è proprio quello che succede nel graphic novel “Aki” di Francesco Tatoli, giovane autore barese che, alla sua Opera prima, da lui sceneggiata e illustrata, dimostra una consapevolezza del mezzo visivo non indifferente; il suo tratto contrastato ben si sposa con le intenzioni e con la linea editoriale della Edizioni Inkiostro di Rossano Piccioni, sempre ben attenta nello scovare nuove voci che sappiano gridare con estrema abilità e cognizione l’orrore in tutte le sue ramificazioni; la narrazione del Tatoli riesce perfettamente in quest’intento, riuscendo a disturbare il lettore con scelte volte al disagio individuale, grazie ai temi portati avanti con un crescendo sinfonico e a un climax che riflette anche nelle selezioni visive proposte, soprattutto nella seconda parte della storia che assume i connotati del racconto metafisico, a tratti lisergico.

Facendo una superficiale ricerca etimologica sul nome AKI, si arrivano a scoprire svariati significati, e seppur significanti, citando la semiotica, visto la forte componente che rimanda al simbolico e al figurato, comprendiamo come l’analisi visiva porti direttamente a una comprensione di ascesi di cui è impregnato il viaggio dell’inquietante protagonista. Aki è un nome femminile di origine giapponese che porta in seno i concetti come quello di ‘luce’, ‘brillantezza’ ma è anche una combinazione di segni linguistici che unificandoli porta alla nozione di ‘secondo’ (A) e ‘speranza’ (KI) che noi, liberamente e, forse, erroneamente potremmo identificare come seconda speranza. Ma quella speranza a cui fa riferimento la storia di Francesco Tatoli è un pianto disperato dove l’umanità ha fallito, e quella speranza risiede in un altro avvento, quello satanico di Aki, un essere dall’incomprensibile natura e che indossa una maschera inquietantissima di una bambola di neonato, neo-nato, nuovo nato, colui che l’umanità attende, ed è quello che, malgrado, si merita: per la colpa, per la crudeltà, per le pustole che ogni giorno arreca al mondo e che Aki ha impresse nella schiena.

Racconto metaforico che assume e si dissolve pian piano nella forma di un racconto d’immagini astratte e potenti; partendo dall’ingresso di Aki, ritratto come un abominio di violenza e crudeltà, presentando la sua insaziabilità nel condannare le sue vittime a un destino di morte e tortura, nella seconda parte – quella meno splatter della prima – riesce a farci abbandonare a un trip visivo che ricorda, per alcuni versi, la seconda parte del film “The Lords Of Salem” (2012) di Rob Zombie, un esempio di come il metafisico, con tutti i suoi riferimenti simbolici del caso entrano in una narrazione per destabilizzare, facendo provare effettivamente un senso di spaesamento e di isolamento cosmico, dove non c’è spazio per la ‘luce’ se non per quella di cui è portatore anche Aki, emissario di Lucifero portatore di luce (LUX ‘luce’ e ‘FERRE’ portare). Ed è forse quest’ultima parte, in cui non c’è più traccia di umana sensibilità e di innocenza dove finanche il carnale e la violenza fisica vengono meno, che fa realmente più paura.

Concludendo, il racconto di Francesco Tatoli è una storia che lascia il segno, riesce a scarnificare i dettami del genere, costituendo una vera e propria mitologia moderna di un avvento esoterico, con nuove fedi, con nuove idee e con nuove forme di comunicazione, e in un certo senso è anche un day after, privo di tecnologia ma impregnato di misticismo ossimoricamente razionale, dove tutto è incastrato alla perfezione dall’autore. Attendiamo trepidanti i nuovi capitoli di questa inquietante, ma straordinaria storia.

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