Recensione – L’Attacco dei Giganti 3 – Parte 1

La prima parte della terza stagione di L’Attacco dei Giganti (noto anche con il titolo giapponese Shingeki no Kyojin o con quello inglese di Attack on Titan) si è conclusa lo scorso 15 ottobre con un episodio il cui finale ha lasciato non pochi fan a bocca aperta. È dunque giunto il momento di fare il punto sull’ultima serie realizzata da Wit Studio in collaborazione con Production I.G a partire dal manga di Hajime Isayama.

La trama

Come di consueto, iniziamo con qualche appunto sulla trama generale dell’anime. Il focus principale della storia, esplicitato fin dal titolo e dalla prima scena dell’opera, dovrebbe essere il conflitto con i Giganti. Eppure, questa terza stagione costituisce una lampante eccezione. L’attenzione si sposta completamente e il centro della scena diventano i conflitti politici all’interno delle mura. Soltanto accennati nei precedenti episodi, essi diventano i protagonisti assoluti di questa prima parte della nuova serie.

La trama, dunque, subisce una netta evoluzione. I combattimenti contro i Giganti che vagano al di fuori delle mura scompaiono quasi del tutto, per lasciare spazio ad un nuovo, a tratti ancora più terribile, conflitto. I classici combattimenti da shōnen (peraltro sempre realizzati con una cura strabiliante) passano sullo sfondo e l’attenzione si concentra sui giochi politici di una classe dirigente che sembra avere ben più di un segreto. Perfino i “traditori”, Reiner e Berthold, vengono momentaneamente messi da parte per far posto al nuovo scenario all’interno delle mura.

Eren Jeager e i suoi compagni si trovano dunque coinvolti in un gioco decisamente più grande di loro. Costretti ad agire nell’ombra contro nemici fino a poco prima insospettabili, i ragazzi dell’ex-104o Corpo Addestramento Reclute andranno incontro a una brusca maturazione, se possibile ancora più brutale di quella subita nelle prime stagioni. Affrontare nemici umani è totalmente diverso dallo scagliarsi contro enormi mostri mangia-uomini e, sorprendentemente, molto più difficile.

In definitiva, il profondo cambio di rotta della trama (dovuto all’ingegno di Isayama) contribuisce a portare il livello generale della storia decisamente più in alto rispetto alle stagioni precedenti. L’elemento horror non si perde mai del tutto, ma il focus principale diventa il gioco di intrecci e segreti che caratterizza la corte reale e le conseguenze che esso esercita su tutta la popolazione all’interno delle mura. Insieme ai personaggi, insomma, matura anche il tenore della serie.

L’azione, tuttavia, non manca. Le spettacolari manovre eseguite con l’attrezzatura per il movimento tridimensionale diventano ancora più scenografiche quando eseguite in un contesto urbano e il nuovo tipo di nemici porta interessanti evoluzioni nelle tattiche e nelle strategie di combattimento. Quanto ai misteri, più ci si avvicina alla possibile soluzione, più essi tendono ad infittirsi, in una climax che, alla fine, lascia molti spettatori con il fiato sospeso fino al prossimo aprile.

Rispetto al manga, il ritmo narrativo si fa decisamente più incalzante. I primi episodi, in particolare, adattano una parte che, per ammissione di Isayama in persona, era stata fin troppo lenta nelle tavole pubblicate su Bessatsu Shōnen Magazine. Lo stesso non può essere affermato della versione animata, dove tutto scorre alla perfezione, senza tempi morti o scene confuse. In generale, si può ammettere che, quanto a chiarezza narrativa ed espositiva, il lavoro del regista Tetsurō Araki sia davvero impeccabile in quest’ultima stagione.

I flashforward

Il flashforward, letteralmente il “lampo in avanti”, indicato con la parola italiana prolessi, è, come dice il nome, una tecnica che consiste nell’anticipare scene ed eventi futuri. In poche parole, l’esatto opposto di un flashback. Si tratta di una tecnica che, in questa terza stagione de L’Attacco dei Giganti, è stata usata più volte e merita un breve paragrafo a parte.

La serie si apre proprio con un’anticipazione, una breve scena in cui Eren, con i piedi immersi nel mare, si domanda cosa ci sia oltre l’immensa distesa di acqua salata. Si tratta, senza dubbio, di una grossa novità rispetto alle serie precedenti. Le vecchie stagioni esordivano con sequenze cronologicamente pertinenti, senza balzi in avanti o indietro nel tempo. Qui, invece, il regista ha deciso di mostrare quello che, con ogni probabilità, sarà il finale della serie o l’inizio della prossima stagione.

Altri due importanti flashforward si trovano, in maniera del tutto opposta, nell’ultimo episodio di questa prima parte. Il primo, immediatamente decifrabile a chiunque abbia seguito l’anime, vede, poco prima della sigla finale, Reiner e Berthold in attesa della resa dei conti con Eren e i suoi compagni. Nulla di sorprendente, insomma. È facilmente intuibile che, dopo aver abbattuto il Wall Maria, il Titano Corazzato e il Titano Colossale cerchino di impedire al Corpo di Ricerca di riparare la breccia. Si tratta di una minima anticipazione della seconda parte della stagione.

Ciò che, però, risulta eccezionale è la scena inserita all’interno dell’ending. In primo luogo, è un ottimo modo per premiare chi, ad ogni episodio, resta incollato allo schermo anche durante i titoli di coda. L’idea di inserirla come una sorta di interferenza all’interno della canzone finale ha permesso di sorprendere tutti gli spettatori, facendo credere loro che si trattasse di un problema di riproduzione del video.

Dopo una rapidissima sequenza di immagini rese inquietanti dalla colorazione e dai suoni distorti, appare una breve scena in cui Eren e Mikasa, chiaramente reduci da un combattimento, si scontrano con il capitano Levi arrivando a minacciarlo di morte. Sull’immagine di Mikasa con la lama puntata alla gola del capitano ripartono le note della sigla, che poi prosegue normalmente. Nessuna spiegazione è fornita a riguardo.

Lo scopo principale di questa scena, sorprendere gli spettatori e lasciarli con il fiato sospeso fino alla trasmissione del cinquantesimo episodio, è stato sicuramente raggiunto. Non è la prima volta che L’Attacco dei Giganti anticipa all’interno della sigla finale eventi che verranno mostrati e spiegati in futuro (se non mi credete, alla fine di questa stagione andate a riguardare l’ending della seconda serie), ma in questo caso si è trattato davvero di un’opera da maestri.

I personaggi

Finora il protagonista indiscusso de L’Attacco dei Giganti era stato Eren Jeager, il ragazzo che, con il potere di trasformarsi in Gigante, ha giurato di mettere fine all’esistenza dei mostri che hanno attaccato il suo villaggio e ucciso sua madre. In quest’ultimo arco narrativo Eren perde tuttavia il suo ruolo attivo e si rivela in totale balìa degli eventi. Al suo posto, sale alla ribalta una serie di personaggi più o meno secondari che riesce tuttavia a gestire alla perfezione il vuoto lasciato dal protagonista.

Tutta la squadra Levi ha un ruolo di primo piano in questi dodici episodi, ma una menzione d’onore va riservata a due personaggi in particolare. Il primo è senza dubbio Armin Arelet. Presentato fin dall’inizio come l’elemento fisicamente debole del trio di protagonisti, il ragazzo ha dimostrato nel corso della storia di possedere una fermezza di carattere e un cinismo invidiabili, che spesso si rivelano cruciali nelle situazioni più difficili. Ancora una volta, la sua determinazione e il suo sangue freddo saranno fondamentali, ma lo porteranno ad affrontare un momento di crisi che ne stimolerà ulteriormente la crescita a livello caratteriale e narrativo.

Seconda, ma non per importanza, è chiaramente Historia Reiss. La ragazza, che probabilmente nessuno degli spettatori ricordava alla fine della prima stagione, si rivela vera protagonista di questo arco narrativo. La sua è forse l’evoluzione più sorprendente vista finora. Riappropriandosi del proprio nome e della propria vita, Historia darà un contributo fondamentale al nuovo corso degli eventi. Si inserisce inoltre nel novero dei personaggi di cui, in questa nuova serie, viene fornito il background.

Altro personaggio di cui vengono finalmente mostrate le origini è proprio il capitano Levi Ackerman. Attraverso il suo complesso rapporto con Kenny lo Squartatore, il criminale dei bassifondi divenuto membro portante della polizia segreta, il regista riesce a fornire interessanti dettagli su quello che è senza dubbio uno dei personaggi più amati della serie. Ad essere approfondita è anche la figura del comandante del Corpo di Ricerca, Erwin Smith. Il suo acume e la sua ostinata determinazione saranno fondamentali durante tutto questo arco narrativo.

La figura di Erwin, così come quelle degli altri ufficiali suoi alleati, servono a dimostrare quello che si rivelerà uno dei messaggi principali della serie. Non esiste una netta distinzione tra bene e male, tutte le persone, perfino quelle apparentemente irreprensibili, hanno delle zone d’ombra, spesso molto più profonde di quanto si possa immaginare.

Innovazione e continuità

Questa terza stagione si pone come estremamente innovativa per quanto riguarda trama e personaggi, e conserva anche significativi legami con le precedenti. Uno dei più importanti è sicuramente costituito dallo stile particolarissimo delle animazioni. Se il design dei personaggi va imputato in primis a Isayama, il modo in cui essi si muovono sullo sfondo è merito degli animatori, che, come sempre, hanno svolto un lavoro egregio.

Altro punto di contatto fondamentale è la colonna sonora, firmata da Hiroyuki Sawano. Eccezionale come sempre, il comparto sonoro riprende nello stile le tracce delle prime stagioni, contribuendo a dare un’identità ben precisa alla serie. Lo stile generalmente epico della musica si sposa alla perfezione con le scene d’azione mentre le melodie più lente e malinconiche sottolineano i momenti drammatici o di riflessione.

Ciò che ha stupito in prima battuta gli spettatori, è impossibile negarlo, è tuttavia, la sigla di apertura. Red Swan degli X Japan e Hyde. Il ritmo epico e incalzante, a tratti quasi da inno nazionale, delle prime opening viene totalmente abbandonato a favore di una melodia dai toni nostalgici ma allo stesso tempo speranzosi. Una simile scelta non ha, almeno in un primo momento, riscontrato l’apprezzamento del pubblico. Si tratta, tuttavia, di una decisione consapevole, testimoniata anche dalla precisa volontà di ometterla durante l’anteprima del primo episodio della serie.

In questa terza stagione tutto cambia e il cambiamento è rispecchiato alla perfezione dalla nuova opening. I Giganti sono assenti, come lo sono per gran parte degli episodi, e l’attenzione si concentra sui protagonisti dell’arco narrativo e sul loro passato. Il cambiamento è, a dire la verità, presente anche nella sigla di chiusura, Requiem der Mongenrote (暁の鎮魂歌), dei Linked Horizon. Il gruppo, autore delle prime tre sigle di apertura, ha inserito anche in questa canzone un richiamo verbale e musicale alle precedenti, ma ha adottato un tono generalmente più malinconico, che ben si adatta alle immagini che lo accompagnano.

Dove trovarlo

L’Attacco dei Giganti è disponibile in versione sottotitolata e doppiata (per ora solo le prime due stagioni) su VVVVID. Per chi non riuscisse a resistere fino ad aprile, il manga, giunto di recente al volume 25, è pubblicato in Italia dalla Planet Manga.

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