Intervista a Simone Prisco

In occasione del Festival del Nerd abbiamo intervistato Simone Prisco.

–  Come è nata la tua passione?

Quando ero piccolo mia nonna mi mise le matite colorate in mano e negli anni questa cosa mi ha portato a scoprire prima il disegno, poi la pittura, poi ancora l’incisione e solo per ultimo il fumetto: infatti il mio primo lavoro da autore completo è del 2014. Prima di questo, dopo essermi laureato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ho subito lavorato come pittore e acquafortista fino ad approdare per qualche anno nel mondo dell’animazione.
La mia passione, però, nasce grazie a mia nonna, a cui non a caso è dedicato il primo volume che ho realizzato (Vita), sicuramente come forma di ringraziamento.

–  Quali difficoltà hai incontrato durante la stesura delle tue opere autobiografiche?

Non ho trovato difficile la stesura di quelle opere perché alla fine riguardano qualcosa di personale che conosco bene, ma ho trovato molto più difficile pensare che un estraneo le legga e che magari si riveda in quello che io scrivo.
La lavorazione per me è diventata quasi un atto dovuto, nel senso che ci sono cose che mi sento di fare e le devo fare per forza, poi se le riesco a finire e ritengo che il lavoro sia valido e possa essere pubblicato sono ancora più contento, altrimenti per me il lavoro finisce là e va bene così.
In una storia autobiografica racconti un pezzo di te, quindi “apri il tuo cuore” a persone estranee; ad esempio, io sono di Napoli e ci sono persone che a Milano conoscono l’attaccamento che io avevo per mia nonna se hanno letto il primo volume, mentre se hanno letto il secondo (Irene), conoscono la storia un po’ romanzata dell’amicizia con la ragazza che poi è diventata mia moglie, quindi suona strano che qualcuno a Milano sappia dove andavamo al mare io e mia moglie. Ovviamente, visto che sono io che racconto e, fortunatamente, c’è qualcuno che mi legge, diventa normale che a Milano o Bologna ci sia qualcuno che conosce un po’ della mia vita privata.

–  Secondo te, oggi ci sono più scrittori o più lettori?

Più docenti. Scherzi a parte, vorrei sperare che i lettori siano sempre in numero maggiore, ma l’intrattenimento è cambiato molto e questo ha fatto sì che il ragazzo di otto anni, lettore in erba, ora sia un videogiocatore in erba e tra qualche anno sarà uno youtuber in erba.
Diciamo che l’intrattenimento in generale è cambiato e con esso anche i suoi fruitori.

–  Quali sono le tue maggiori influenze dal punto di vista stilistico?

La formazione classica che ho avuto frequentando il Liceo e l’Accademia di Belle Arti mi ha portato da sempre ad ammirare gli autori “immortali”, quelli che si studiano sui libri di storia dell’arte, tra tutti però credo di prediligere Goya e Rembrandt, anche se più come incisori che come pittori.
Parlando della nona arte è inevitabile non parlare di Battaglia, Toppi o Dave McKean, di Igort o di Gipi, o di Miyazaki se passiamo all’animazione… insomma, gli artisti che mi piacciono sono molti e sicuramente sto facendo torto a qualcuno.

–  Sei legato a un determinato stile o genere narrativo oppure ti piace sperimentare?

I miei lavori sono l’uno diverso dall’altro e devono poter raccontare anche tramite il segno, quindi per me una storia romantica non può avere lo stesso impatto visivo di un noir.
Proprio per questo ricerco molto, soprattutto quando lavoro in digitale e credo che la preparazione di un mio lavoro costituisca almeno il quaranta per cento dell’intero progetto.

–  Se riuscissi a radunare tutte e sette le Sfere del Drago, quale desiderio esprimeresti?

Avere all’infinito le Sfere del Drago, per avere un po’ tutto quello che voglio. Un po’ come con il genio della lampada perché, se avessi tre desideri, il primo sarebbe averne duemila, oppure infiniti geni.

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