Sword Art Online Alternative – Gun Gale Online: la recensione

La serie che ha lanciato tra il grande pubblico il genere dell’isekai ha da poco concluso lo spin-off Sword Art Online Alternative – Gun Gale Online. Il nuovo anime, che si compone di un’unica stagione composta da dodici episodi, è stato distribuito in Italia in versione sottotitolata da Dynit ed è stato pubblicato in simulcast sulla piattaforma gratuita VVVVID. Come nel caso della serie originale, la versione animata è stata tratta da una serie di light novel (attualmente 7) scritte da Keiichi Sigsawa e illustrate da Kōhaku Kuroboshi.

ATTENZIONE! QUESTO ARTICOLO CONTIENE SPOILER!

La storia

Chi conosce Sword Art Online troverà molto familiare l’ambientazione di questo spin-off. Ancora una volta si tratta di un isekai: la storia segue le vicende di un personaggio del nostro mondo trasportato all’interno di un mondo parallelo, alternativo. In questo caso la protagonista, Karen Kohiruimaki, è quasi sempre mostrata all’interno del videogioco Gun Gale Online tramite il suo avatar, Llenn. Nella vita reale la ragazza si trova a disagio con la sua statura eccessiva, che le impedisce di stringere amicizia e frequentare altre persone. Su consiglio dell’amica Miyu Shinohara decide quindi di lanciarsi nel mondo dei videogiochi a realtà immersiva. Dopo aver provato decine di titoli, Karen opta per Gun Gale Online, uno sparatutto che le offre, però, un avatar particolarmente basso. All’interno del gioco, Karen fa la conoscenza di una giocatrice molto particolare, Pitohui, che diventa suo mentore. Ma quest’ultima mostra presto una notevole instabilità mentale, che la porta a mettere realmente in gioco la propria vita in caso di morte all’interno di Gun Gale Online. Su richiesta di M, che si dichiara innamorato di Pito, Karen decide di sconfiggere la sua mentore/rivale in un combattimento che la convinca a non togliersi la vita nel mondo reale.

La storia non brilla per originalità e risulta un po’ forzata in certi passaggi, specialmente nel finale. L’idea alla base della trama è evidentemente ripresa da Sword Art Online, ma per tutto lo svolgimento della storia manca la tensione che caratterizzava alcune scene della serie originale. Lo spettatore non ha mai l’impressione che i personaggi siano davvero in pericolo, perché consapevole che tutto si svolge all’interno di un videogioco. Lo stesso può essere affermato a proposito di Pito: nonostante la sua instabilità sia palese, non si è mai indotti a credere che possa compiere veramente l’atto fatale.

Il forte contrasto tra avatar e personaggio reale, molto evidente per tutti i protagonisti della serie, è un punto che sarebbe potuto essere sfruttato meglio. Karen ricorre ai videogiochi per sfuggire all’imbarazzo causatole dalla propria statura, ma, fatta eccezione per i primi episodi, questo spunto rimane molto marginale. Negli altri casi, invece, il contrasto di identità viene presentato in maniera leggera e quasi comica. Lo si vede chiaramente con le SHINC, una squadra di ragazzine che praticano ginnastica artistica ma hanno, su Gun Gale Online, degli avtar giganteschi e mascolini. Lo stesso vale per M, il cui aspetto piacevole nella vita reale è nascosto da un personaggio con l’espressione severa e per nulla affascinante.

Parlando della trama, non si può tralasciare il “colpo di scena” finale. Le virgolette non sono casuali. La rivelazione che Pito non sia altro che Elsa Kanzaki, la cantante preferita di Karen e Miyu, per quanto voglia cogliere di sorpresa gli spettatori, non risulta veramente inaspettata. Per chi abbia prestato un minimo di attenzione ai dialoghi dei primi episodi, al contrario, si tratta di un evento del tutto scontato. Fin dall’inizio Llenn afferma che, secondo lei, Pito ha un forte legame con la musica, ma la ragazza glissa sull’argomento. Poco dopo viene rivelato che non potrà partecipare alla prima Squad Jam (una battle royale a squadre) perché l’evento coincide con il matrimonio di una sua amica. Ma ancora una volta Llenn ricorda che lo stesso giorno dovrebbe tenersi un concerto live della cantante. Questa coincidenza, che nella vita reale resterebbe tale, nel contesto di un anime risulta ai più attenti a dir poco sospetta. Quando poi viene mostrato il vero aspetto della cantante l’equazione si completa da sola. Tutti i personaggi sono l’opposto dei propri avatar.

Riguardo alle forzature, una scena si impone su tutte. Si tratta del primo scontro tra Llenn e le SHINC. Nel combattimento finale tra la protagonista e la Boss della squadra avversaria possiamo infatti assistere a una serie di azioni esagerate o quantomeno molto poco realistiche, anche all’interno di un videogioco. Quando Llenn è a terra, la sua avversaria le svuota un caricatore sul busto, centrando (molto convenientemente) solo il ricevitore per la scansione, che risulta un oggetto indistruttibile. Durante lo stesso scontro, una delle SHINC lancia alla caposquadra un caricatore nuovo che, sfidando ogni legge della fisica e della logica, si infila, quasi per magia, esattamente nell’arma, senza bisogno di nessuna azione aggiuntiva. Queste scene sono ambientate in un videogioco, è vero, ma si sarebbe potuto renderle molto più realistiche. Sarebbe bastato, per esempio, far sì che la Boss afferrasse il caricatore per poi montarlo sulla sua arma. Non si sarebbe persa la spettacolarità dell’azione, ma si sarebbe salvata la verosimiglianza.

L’anime ha, bisogna riconoscerlo, anche aspetti positivi. Gli scontri a fuoco e le strategie di battaglia sono generalmente ben fatti (fatta eccezione per l’ormai tipico “plot shield” del protagonista, che perlomeno viene giustificato dall’impressionante velocità dell’avatar). Inoltre, è piuttosto interessante il modo in cui l’antagonista coincida con la persona da salvare. Eppure, anche in questo caso la scelta non viene sfruttata a pieno e risulta, in fin dei conti, un po’ banalizzata. Assolutamente positivi sono anche alcuni aspetti più tecnici, a partire dalle animazioni e dal doppiaggio. Lo stile sopra le righe dei personaggi, per quanto possa piacere o meno a seconda dei gusti, è tuttavia reso in maniera impeccabile dagli attori che prestano loro la voce. Particolarmente appropriata risulta anche la colonna sonora, sempre in grado di sottolineare il mood della scena. La scelta di inserire anche le canzoni di Elsa Kanzaki all’interno dell’anime (che pure si sviluppa in sole dodici puntate), visto il ruolo che ricopre il personaggio, è da vedere in maniera assolutamente positiva. Non solo serve a sottolineare la passione di Karen, ma contribuisce anche ad approfondire (un minimo) la figura di Pito.

I personaggi

Come per la trama, anche riguardo ai personaggi abbiamo idee interessanti che, tuttavia, non ricevono una piena e soddisfacente applicazione pratica. L’approfondimento psicologico dei protagonisti è poco più che accennato, motivo per cui spesso risultano essere quasi delle macchiette.

Personaggio principale è, come detto, Karen/Llenn. Si tratta della tipica ragazza timida e introversa che non si trova a suo agio con il proprio aspetto fisico. Quando, però, è all’interno di Gun Gale Online, Karen cambia totalmente personalità. Il suo aspetto all’apparenza innocuo nasconde in realtà una notevole capacità di combattimento. Il demone rosa è stato in grado di uccidere decine di altri giocatori, sfruttando l’ambiente e le caratteristiche della propria amata arma. A proposito di Pi-chan (questo il nome che Llenn dà alla sua mitragliatrice), l’idea di animarla in certe situazioni fornendole voce e occhi (pur percepiti dalla sola protagonista) non risulta particolarmente brillante. Sottolineare il legame della ragazza con la sua arma è una nobile intenzione, ma disegnare due grandi occhi con tanto di ciglia su di una mitragliatrice rosa non è forse il modo migliore di realizzarla. Karen resta comunque l’unico personaggio ad avere una, seppur minima, evoluzione. I successi ottenuti nel gioco la spingono a raggiungere una maggiore sicurezza in se stessa e a stringere nuove amicizie nel mondo reale.

Il personaggio maggiormente caratterizzato, tuttavia, è Elsa/Pito. Anche in questo caso troviamo ottime idee, ma non brillante esecuzione. Della prevedibilità della sua identità è già stato detto. La scelta di far emergere lentamente la sua instabilità mentale è apprezzabile, ma non realizzata in modo eccezionale. Durante le partite ordinarie con Llenn, mostrate nei primi episodi, non ci sono segni evidenti di un tanto profondo stato di follia. Nella prima Squad Jam, M rivela a Llenn che Pito ha intenzione di ucciderlo nel caso morisse durante la battle royale. L’uomo è assolutamente convinto di quello che dice, ma per lo spettatore risulta difficile credergli. Solo quando M si presenta da Karen nel mondo reale la faccenda assume una diversa sfumatura. Eppure, questo passaggio da (forse un po’ troppo) appassionata di un videogioco violento a pazza con istinti omicidi-suicidi risulta troppo brusco. Allo stesso modo risulta forzata la rinuncia al suicidio solo per la promessa fatta a Llenn di incontrarsi nel mondo reale.

Nemmeno il personaggio di M è privo di problemi. È, per sua stessa ammissione, uno stalker, e il legame che lo unisce a Pito/Elsa non ha nulla di sano. Anche la sua condizione, tuttavia, è rappresentata in maniera leggera e al limite della caricatura. Il problema è che questo anime, come l’originale da cui deriva, sembra prendersi fin troppo sul serio per quanto riguarda l’aspetto psicologico dei protagonisti. Per quanto riguarda gli altri personaggi secondari, il loro carattere è a dir poco piatto e stereotipato.

I riferimenti a SAO

I collegamenti alla serie principale non sono molti, ma sono gestiti in maniera impeccabile. A ben vedere, l’intera vicenda narrata da Gun Gale Online parte dall’incidente di Sword Art Online. Pito non è infatti riuscita a cogliere la possibilità di partecipare in prima persona al gioco mortale e il rimpianto per questa mancata occasione l’ha spinta a ricercare ossessivamente situazioni di pericolo in altri videogiochi. La sua instabilità la porta infine a mettere in palio la propria vita in caso di sconfitta. La scelta di giustificare il motivo di fondo della trama con la follia di uno dei personaggi potrebbe non piacere, ma è portata a termine in modo ineccepibile.

Lo stesso gioco di Gun Gale Online era presente nella seconda stagione della serie principale, e la cosa non viene dimenticata. Più volte infatti i personaggi (specialmente quelli secondari) parlano di Sinon e della sua arma. I riferimenti sono assolutamente naturali e realistici e contribuiscono a creare atmosfera e ricordare che il mondo in cui si svolgono le vicende è lo stesso.

Nelle puntate finali Pito, M e la loro squadra sono assediati all’interno di un’edificio e la ragazza, per sconfiggere gli assalitori, ricorre a una spada laser. Uno degli attaccanti ricorda che, tempo prima, un altro giocatore aveva saputo sfruttare alla perfezione la stessa arma che, se maneggiata da un esperto, diventa letale. Il giocatore in questione è ovviamente Kirito, protagonista delle serie principale. La mancata citazione del nome (che non viene fatto all’interno dell’anime) è funzionale a segnare un certo distacco rispetto alla serie principale. La scelta va senza dubbio apprezzata e denota un certo coraggio nel voler prendere le distanze da un prodotto che ha riscosso tanto successo.

Tirando le fila…

Possiamo concludere che Sword Art Online Alternative – Gun Gale Online sia un ottimo anime? Visti tutti i difetti analizzati, no. Tuttavia non si può nemmeno affermare che sia il peggior prodotto in circolazione al momento. Di certo la trama e la caratterizzazione dei personaggi presentano spunti molto interessanti, ma questi vengono spessi ignorati o banalizzati. Possiamo ipotizzare che una delle ragioni sia la durata breve della serie: in dodici puntate sarebbe stato difficile approfondire tutti gli aspetti accennati. Una soluzione sarebbe potuta essere selezionare pochi tratti da valorizzare e concentrarsi esclusivamente su di essi.

Nel complesso risulta comunque un anime godibile, purché ci si accontenti dei combattimenti, trascurando la trama. L’aspetto delle strategie di combattimento è infatti ben curato, così come la messa in mostra delle armi. La scelta di rendere Pito una fanatica delle armi da fuoco che si presenta ogni giorno con un’arma diversa permette infatti di esibire diverse tipologie di armi, tutte maneggiate con grande abilità (almeno, per i parametri del gioco). Il fan service delle armi, oltre a essere quasi l’unico presente (siamo stati già fin troppo critici per poterci accanire anche contro la scena finale del bacio, del tutto fuori contesto), è forse l’aspetto meglio realizzato all’interno dell’anime.

La trama non è necessariamente un aspetto fondamentale per uno shōnen, ma contribuisce a renderlo apprezzabile. Per questo crediamo che, alla fine, i combattimenti di Gun Gale Online non siano sufficienti a salvare l’opera per chi, a differenza dei protagonisti, non è appassionato di armi da fuoco. Se dunque non appartenete alla categoria, questa non è decisamente l’opera che fa per voi.

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