Un campo quasi totalmente inesplorato nel cinema italiano, quello in cui il produttore Gabriele Mainetti si è avventurato presentando al grande pubblico Lo chiamavano Jeeg Robot. Il titolo è un chiario omaggio alla serie creata da Gō Nagai Jeeg Robot d’acciaio; di fatto, però, c’è poco o nulla dell’anime giapponese.
Svegliarsi con i superpoteri è un sogno di tutti, ma cosa potrebbe accadere se tali unicità finissero nelle mani di una persona non eticamente corretta? È proprio questo il caso. Enzo Ceccotti, un ladruncolo da quattro soldi, dopo una caduta nel Tevere si trasforma in un superuomo a causa di alcune scorie nucleari presenti nell’acqua. Nasce così un’opera che si basa su un inside joke tipico del settore fumettistico per dar vita a un film tutto all’italiana, diverso dai soliti canoni.
Il mondo in cui Alessia si è rinchiusa per sopravvivere ai probabili, ma non certi, abusi ricevuti, si rispecchia nella sua vita di tutti i giorni; il personaggio interpretato da Claudio Santamaria, Enzo diventa, agli occhi della ragazza, l’anti-eroe Hiroshi Shiba, protagonista di Jeeg Robot. I suoi nuovi poteri diventano la scorciatoia per arricchirsi, come quando sradica letteralmente un bancomat dal terreno. La sua natura benevola lo porta inevitabilmente a redimersi, in un crescendo continuo di consapevolezza, soprattutto grazie ad Alessia. La ragazza è la chiave di volta per il cambio di rotta; il suo essere innocente e la sua dolcezza conquistano il cuore di Enzo, il quale, non solo inizia a sentirsi apprezzato, ma esce anche dal suo guscio da eremita nel quale si era rinchiuso, per condividere con lei la cruda realtà quotidiana. Le scene che riguardano il loro amore diventano il tema principale nella seconda metà del film; Alessia diventa in tutto e per tutto la ragione per cui l’eroe del film deve lottare e sopravvivere, attenzione che lentamente si sposta a tutto il resto della città in cui vive.
Il film ha due storie destinate a incrociarsi. Ogni medaglia ha il suo rovescio e quello di Enzo si chiama Fabio Canizzaro, lo Zingaro. Il vero nemico è lui, che ha fatto della malavita e della sua pazzia, l’arma principale per tornare alla ribalta, dopo che la sua faccia è scomparsa dalle scene televisive italiane. Il suo obiettivo è infatti quello di rimanere nella storia e, usando la sua estrema crudeltà, la strada sembra particolarmente più breve. L’ambientazione nella Roma dei sobborghi si sposta necessariamente in tutta la città, a causa dei conflitti cammorristi che contraddistinguono la storia sin nei primissimi tratti.
Ulteriore garanzia che il film meriti di essere visto sono i tre David di Donatello vinti dai protagonisti del film: Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli.