Recensione Lost in Space – Will, Pericolo

Netflix ci ha, ormai, abituati a una nuova serie dopo l’altra. Stavolta è il turno di Lost in Space, serie sci-fi del colosso streaming. Scoprite la nostra opinione sulla serie.

Trama

La caduta di una cometa sul suolo terrestre costringe l’umanità a fuggire dal pianeta per andare alla ricerca di nuovi spazi nell’universo da poter colonizzare. I classici problemi interspaziali portano la famiglia dei Robinson a dover atterrare su un pianeta vicino, dove, oltre a problemi di diversa natura, si imbattono in una misteriosa creatura aliena.

Torniamo nello spazio

Lost in Space è un remake dell’omonima serie del 1965 e Netflix ha deciso di riproporla sotto una nuova veste.  La prima stagione ha riscosso un discreto successo tanto da portare il sito di streaming a rinnovarla per una seconda. D’altronde, la serie è stata apprezzata per diversi fattori: dagli attori, passando per parte della storia, fino agli effetti speciali.

Dalle stelle alle stalle

Ritrovarsi a vivere in una condizione inattesa, al di sotto delle aspettative, non può che causare malessere e disperazione. I Robinson, però, non sono fatti per restare con le mani in mano e, sin dall’inizio, si danno da fare per cercare di risolvere il proprio status. Il susseguirsi di eventi poco fortunati li mette a dura prova, mostrando il loro lato più umano.
Fatto questo dovuto preambolo, ci addentriamo nel parlare di come gli attori siano stati abili a interpretare i loro ruoli, talvolta complicati.

Fra tutti spicca la figura della “Dottoressa Smith” (le virgolette son dovute), interpretata da Parker Posey. L’astio che riesce a tirar fuori dagli spettatori è così sincero da far capire quanto l’attrice si sia arduamente calata nella parte. È un ruolo difficile quello della Posey, poiché interpreta il ruolo della doppiogiochista, e lo fa in maniera totalmente naturale e disinvolta, facendo sì che rimanga sempre il dubbio sulla veridicità delle sue parole. Non è il vero e proprio motore delle vicende, ma poco ci manca.

Se il ruolo del nemico è ottimamente ricoperto, quello dei protagonisti non è da meno. La famiglia Robinson, capeggiata dai genitori John e Maureen, rispettivamente Toby Stephens e Molly Parker, ha un seguito di tre figli dal potenziale… stellare. Judy, Penny e Will, hanno l’arduo compito di aiutare e soccorrere i vari membri della famiglia in costante pericolo. Grazie alle interpretazioni di Taylor Russel, Mina Sundwall e Maxwell Jenkins, prendono così vita i tre rampolli di casa Robinson. La loro umanità viene evidenziata dai sentimenti con cui affrontano ogni problema e, tutto ciò, traspare in ogni singola scena, portando su schermo una vitalità e una speranza che arriva allo spettatore con ogni possibile sfaccettatura.
A questo gruppo si affiancano Don West e il resto della compagnia dello Jupiter. Fra tutti, il primo, interpretato da Ignacio Serricchio, spicca in qualità di elemento comico della stagione, aggiungendo quel pizzico di pepe necessario affinché la serie non risulti troppo pesante.

Se abbiamo detto che la buona riuscita della storia passa dagli attori, non possiamo dire di meno della sceneggiatura e delle ambientazioni, che ben si sposano con una trama dal sapore agrodolce. Il mondo contaminato da una specie dominante, selvaggio e incontrollato, è dovuto soprattutto dalla scelta delle location, che fa percepire quel senso di meraviglia, ma al tempo stesso scoraggia e incute timore.

Ecosistema in CGI

Le creature aliene prendono così vita su un pianeta spietato e in cui la legge del più forte è necessariamente la regola fondamentale di sopravvivenza. Spuntano le inquietanti fauci delle bestie carnivore e le coloratissime ali di insetti o presunti tali.
A queste figure si affianca quella del robot alieno. Le domande che lo riguardano sono sempre più numerose, anche se di volta in volta passano in secondo piano, portando in primo problematiche sempre diverse e inaspettate.

La realizzazione in computer grafica è impeccabile e aiuta nella creazione di un ecosistema a tratti “avatariano”. Le luci e le ombre sulle creature supportano la più totale immedesimazione nelle situazioni narrate. Le soundtrack, in aggiunta, creano ancor maggiormente un background che migliora l’immedesimazione, in ciò che gli occhi hanno semplicemente aiutato a immaginare.

Tirando le somme

Concludendo, infine, quanto finora detto, possiamo affermare che, a primo acchito gli intrecci e le bugie possono sembrare esagerati, in fondo le forzature sono dovute a frammenti di storia mancante e che sicuramente verranno spiegati man mano che la storia andrà avanti.
Se la serie nasce da una sorta di operazione nostalgia, di certo si separa totalmente sia nelle intenzioni che nei parametri imposti dalla versione originale, presentando una serie che rispetta la vecchia storia, ma la evolve da un punto di vista molto più moderno.
La prima storia nasceva nel periodo della Guerra Fredda e, come tale, si portava dietro una cultura ben diversa da quella odierna. Fra tutti, la Dottoressa Smith era mossa da movimenti complottistici con il tentativo di conquista degli Stati Uniti dello spazio a favore della Madre Russia; in questo caso il suo personaggio è quanto più umano e controverso, rappresentando il vero e proprio emblema di come la produzione abbia lavorato per aggiornare la serie verso un linguaggio più moderno e quasi contemporaneo. Le diverse motivazioni che spingono i vari protagonisti a cercare un rifugio su Alpha Centauri, che sia un tentativo di evasione o semplicemente la possibilità di avere una vita migliore, fanno sì da creare un’atmosfera particolarmente tesa.

In conclusione possiamo affermare che la serie ha un ottimo potenziale e lo sfrutta quasi del tutto, seppur alcune complicazioni degli eventi a volte appaiono un pelino esagerate. L’universo costruito si espande a dismisura grazie a un finale aperto che lancia la serie verso una seconda stagione che, a questo punto, non può che risultare imprevedibile.

Piccola nota finale riguarda le scelte fantascientifiche; il robot e i vari veicoli ricordano molto il design di Mass Effect, rispettivamente di Geth e Mako. Scelte volute o mere imitazioni? Si scoprirà, prima o poi.

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