LuNERDì: il Manga

Che lavoro si nasconde dietro ogni singolo manga? La risposta a questa domanda spesso è ignota ai più. Non solo c’è tutta la fatica del mangaka che lo realizza, mettendo in pratica metodologie storiche, c’è anche un lavoro dietro ogni singolo capitolo di editoria volto a valutarne la riuscita e la possibilità di essere esportato anche all’estero.

Un po’ di storia

I Manga nascono assieme a Maachan no Nikkichō (73 strisce), opera del lontano 1946 realizzata da Osamu Tezuka, definito attualmente come il dio del manga. Osamu tentò di emulare il lavoro portato avanti dalla Disney, realizzando Kimba, Il Leone Bianco, che per sua stessa ammissione era ispirato a Bambi. Il successo del suo manga fu tale da attirare la Disney stessa che da lì a poco realizzò il Re Leone.
Il termine manga (漫画) si rifà, però, ad alcuni libri di illustrazione (da qui immagini derisorie, significato letterale di manga), usciti nel diciottesimo secolo. Il termine fu ripreso solo due secoli dopo, quando Rakuten Kitazawa lo utilizzò per descrivere le proprie opere.
Nasce così un genere pressoché infantile, delineato da tratti particolari, quali ad esempio gli occhi sproporzionatamente grandi. I disegni, con il passare del tempo, si evolvono e maturano, tanto quanto le storie che raccontano. Si avvicinano molto al fumetto occidentale, ma assumono una piega diversa. Le vicende dei personaggi sono raccontate con uno stile molto più introspettivo.

La struttura di ogni singola pagina, fatta eccezione per alcune scene degli shōnen, è totalmente diversa. I dodici quadrati occidentali si scontrano con la metà di quelli orientali. Le esclamazioni in grassetto del fumetto diventano i baloon di più grossa fattura nel manga. Inizialmente fra le differenze si annoverava anche la disposizione verticale del manga sostituita totalmente dall’occidentale struttura orizzontale.
La caratteristica, però, essenziale è di certo la lettura da destra a sinistra, contraria rispetto a quella a cui siamo abituati. La lingua giapponese si legge infatti verticalmente e da destra verso sinistra. La scelta di mantenere l’impaginazione originale garantisce una maggiorenne fedeltà alle scelte dell’autore ed evita possibili incongruenze (personaggi che diventano mancini o pedali delle auto sistemati a rovescio). Esistono casi di flipping, ovvero manga pubblicati con le vignette disposte all’occidentale, ma sono piuttosto rari, per i motivi appena ricordati.

Generalmente i manga vengono pubblicati a puntate su riviste specializzate, perlopiù in bianco e nero, su carta di scarsa qualità. Per motivi economici, le pagine stampate a colori sono piuttosto rare. Se il successo tra il pubblico giapponese è buono, la serie viene raccolta in volumi monografici detti tankōbon. Le storie più amate ricevono spesso, alla conclusione o contemporaneamente alla pubblicazione stessa, un adattamento anime (abbreviazione di animeshon, la traslitterazione giapponese del termine inglese animation).

Oltre il Giappone

Il grande successo riscosso da questo genere di letteratura in patria ha fatto sì che i manga venissero esportati anche al di fuori del Giappone. Uno dei mercati più redditizi, al giorno d’oggi, è paradossalmente quello francese. Nonostante l’importanza indiscussa del fumetto di scuola franco-belga, le pubblicazioni di origine giapponese rappresentano attualmente quasi la metà dei fumetti venduti oltralpe. La situazione in Italia non è molto diversa. Nel nostro Paese i manga sono arrivati negli anni Settanta grazie al successo della serie animata di Mazinga Z. L’epoca d’oro, attualmente ancora in corso, è invece iniziata negli anni Novanta, con titoli del calibro di Akira e Ken il guerriero. La decisione di mantenere l’impaginazione originale prese piede solo qualche anno più tardi, con la pubblicazione dei primi volumi di Dragon Ball.

Questa scelta si è mantenuta nel tempo e al giorno d’oggi tutti, o quasi, i manga editi in Italia seguono fedelmente gli originali giapponesi. Le case editrici specializzate nel fumetto giapponese sono diverse, ma tra le più importanti non possiamo non citare la Star Comics e la Planet Manga, che dominano attualmente il mercato.

Rispetto all’Europa, gli Stati Uniti furono investiti dal fenomeno manga leggermente più tardi. Il mercato nordamericano venne infatti affrontato dagli autori giapponesi solo a partire dagli anni novanta, contestualmente a una crisi del settore in patria. Il successo fu tuttavia molto importante e i manga si affiancarono ai tradizionali fumetti americani. Anche negli Stati Uniti rappresentano oggi una buona fetta del mercato dei fumetti.

Il successo editoriale delle serie originali ha portato alla creazione e pubblicazione di opere che si ispirano in maniera più o meno evidente allo stile giapponese. La classificazione di questi fumetti come manga resta tuttora controversa. Per alcuni lo stile del disegno resta un fattore determinante, che autorizza a parlare di manga italiani, francesi o americani. Per i più severi, al contrario, i fumetti in stile giapponese prodotti al di fuori del paese del Sol Levante non possono essere classificati come manga. Mancherebbe loro l’elemento più importante, la cultura giapponese che sta alla base di ogni buon manga. I termini euromanga e amerimanga potrebbero dunque essere un buon compromesso tra le due opposte posizioni: salvano la definizione di manga, ma specificando l’origine estera del prodotto.

Qualunque sia l’opinione personale di ciascuno, resta indubbio il fatto che i manga più venduti e conosciuti siano effettivamente quelli giapponesi. L’incredibile varietà di stili, generi e pubblico di riferimento, infatti, fa sì che ognuno possa trovare la storia più adatta a sè. Tra le innumerevoli edizioni si trovano, come è ovvio, prodotti di diverse qualità. Non tutto ciò che viene pubblicato in Giappone è un capolavoro, ma tra le varie storie c’è sicuramente quella più adatta a voi. Se quindi non avete ancora iniziato il viaggio nello splendido ma tumultuoso mondo dei manga, a noi del Festival del Nerd non resta che augurarvi buona fortuna!

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