Fullmetal Alchemist – Recensione live action

Partiamo dal presupposto che riuscire a mettere in piedi un live action che riesca a contenere tutte le tematiche di Fullmetal Alchemist è davvero impossibile, soprattutto in due ore di film. Le aspettative su un nuovo live action targato Netflix dopo Death Note non erano altissime e probabilmente questo ha aiutato nello scontro con un film che di Fullmetal Alchemist ha tanto, ma non tutto e non in modo così adeguato. Le basi di Full Metal Alchemist ci sono tutte, peccato per come siano state affrontate. Il lavoro compiuto da Fumihiko Sori è comunque degno di nota, perché può tranquillamente avvicinare i neofiti all’opera sensazionale che è FMA.

La Nascita dell’Alchimista d’Acciaio

In un ventesimo secolo di un universo parallelo, Edward (Ryosuke Yamada) e Alphonse (interpretato da Atomu Mizuishi) Elric iniziano a studiare l’alchimia in quanto figli di un prestigioso alchimista. È la morte della madre a spingere i due bambini prodigio ad avvicinarsi a qualcosa di proibito, ossia la trasmutazione umana, con il tentativo di riportare in vita la defunta madre. Tuttavia, come ben si sa, l’alchimia è regolata dalla legge dello scambio equivalente, ragion per cui Alphonse perde il suo corpo ed Edward, pur di riavere indietro il fratello, cede un braccio e una gamba, ottenendo così l’anima di Al, che lui prontamente lega a un’armatura. Winry, successivamente, gli restituirà, grazie agli automail, gli arti perduti, consentendogli di riprendere gli studi di alchimia e di rimediare ai danni causati. Si apre così la ricerca della pietra filosofale, unica speranza per poter risolvere quanto successo, ma questo viaggio, però, non sarà così semplice.

Un Tucker rinnovato

Nonostante i dovuti, quanto necessari, tagli a personaggi e storia, la prima parte è apprezzabile sia da fan che neofiti, in quanto segue tutte le vicende e gli elementi narrativi più importanti. La carenza di personaggi chiave quali, ad esempio, Van Hohenheim, crea buchi nella trama alquanto importanti, e ciò nega in parte la possibilità di avvicinare il film all’opera originale di Hiromu Harakawa. Shou Tucker, con le sue chimere, rivestirà un ruolo molto più centrale di quanto non sia stato in passato, andando a sostituire personaggi fondamentali. Il perché di questa scelta pare abbastanza incerto.

Ed, Al e Winry

La situazione “personaggi principali” è piuttosto delicata. Se da una parte la caratterizzazione dei fratelli Elric viene affrontata a dovere, tutti gli altri personaggi vengono quasi completamente ridisegnati per sposarsi con le nuove linee guida del film. La stessa Winry, mettendo già da parte il fatto che sia fisicamente quella meno simile all’anime, è un personaggio completamente nuovo, ben lontano dalla saccente e caparbia Winry conosciuta in passato. Ed è proprio a partire da queste piccole accortezze che il film va perdendosi pian piano in una seconda parte che tanto ricorda il Dragonball Evolution di qualche anno fa. Edward, pur dando peso alla questione legata al corpo del fratello, accentra troppo su di sé la storia, allontanandosi da quel senso di disperazione nel voler rimediare agli errori commessi. Troppo, troppo distante dalla trama originale, troppi cambi scenografici che impoveriscono il senso della serie e di conseguenza ne sminuiscono il valore.

Homuncoli e armature

Gli effetti speciali sono curati nel dettaglio, seppur le inquadrature sembrino molto scolastiche e spesso danno l’idea di una sorta di fan-made. Sulla scena, quindi, fanno la loro figura Al nella sua argentea armatura e i tre Homunculus Envy, Gluttony e Lust, i quali, nonostante vengano ottimamente presentati e curati esteticamente, trovano il loro ruolo nella storia quasi vanificato. Gli Homunculus appaiono come nemici qualunque, privati dell’importanza che gli spettava di diritto. Per quanto riguarda Alphonse, la sua armatura è splendida, i suoi movimenti fluidi e precisi, ma di certo questo non può bastare, in quanto anche il suo ruolo risulta particolarmente marginale (dov’è finito l’Alphonse demenziale che lima la pesantezza della storia originale?). Il cast sembra ridotto all’osso. Tutto ruota attorno a quei pochi personaggi presenti in scena, rendendo la vicenda in generale facilmente prevedibile e, dal punto di visto storico, molto forzata. Se si conta poi che parliamo di un cast non di certo dei più eccellenti, incentrato su una teatralità accentuata dovuta all’origine nipponica del film, tutto perde la sua profondità di base.

Ciò che non è assolutamente accettabile è sicuramente la già citata discrepanza fra una prima parte ben curata e un finale che lascia tantissimi punti interrogativi. Inspiegabile la causa di un calo così evidente, anche in alcuni effetti speciali (prendiamo i manichini come riferimento). Appare inaccettabile anche il finale forzato per dar speranza a un possibile sequel, seppur la scena dopo i titoli di coda dia comunque speranza per qualche miglioria.

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